Partiamo da una premessa. Partiamo da quello che dice la legge. Dal 1 gennaio 2018 è ufficiale: i sacchetti di plastica ultraleggera utilizzati nei supermercati per gli alimenti sfusi dovranno essere biodegradabili, certificati e compostabili (il contenuto di materia prima rinnovabile non deve essere inferiore al 40%).
La legge, che mette in pratica una direttiva europea che prevede la riduzione dell’utilizzo della plastica ultra-leggera, obbliga tutti i commercianti a utilizzare solo e soltanto questo tipo di sacchetti al posto di quelli normali, responsabili dell’inquinamento del mare e causa di numerosi disastri ambientali che più volte anche noi vi abbiamo raccontato.
La nuova legge prevede che il prezzo dei sacchetti, che oscilla da 1 a 3 centesimi, sia indicato sullo scontrino. Ecco da dove nasce la polemica: dopo la diffusione delle notizie, orde di consumatori arrabbiati hanno gridato allo scandalo, diffuso la protesta sui social e generato, ahinoi, un flusso di informazioni scorrette.
Per chi ancora avesse qualche dubbio, il chiarimento è d’obbligo: i sacchetti di plastica utilizzati al supermercato si pagavano già prima dell’entrata in vigore della nuova legge, solo che, semplicemente, nessuno o quasi lo sapeva, anche perché l’informazione non era specificata nello scontrino.
Ricordiamo che in Europa i consumi annui dei sacchetti sono stimati a 100 miliardi e molta della plastica di cui i sacchetti si compongono finisce in mare e sulle nostre coste. Legambiente ha voluto precisare che in questi anni l’Italia si è dimostrata un paese virtuoso che si è distinto in tutta Europa per la riduzione dei sacchetti di plastica e nel 2011 è stato il primo paese ad approvare un’importante legge contro i sacchetti non compostabili. A oggi, anche se non tutti gli esercenti purtroppo rispettano questo impegno, l’uso dei sacchetti di plastica è stato ridotto del 55%. Se tutti i paesi europei adottassero questa norma, potremmo ridurre la plastica in termini molto più rilevanti.